Dopo il G20 quale futuro per Matera?

Mentre su Matera si spengono i riflettori del G20, è quanto mai opportuno riflettere sul futuro della Città dei Sassi alla luce dei cambiamenti strutturali che sono intervenuti nell’ultimo anno e mezzo. Altri e più significativi riflettori, mi riferiscono a quelli di capitale europea della cultura, si sono spenti in modo troppo repentino. Dopo l’exploit del 2019 le misure restrittive della mobilità nazionale e internazionale hanno ibernato Matera bloccandone il sentiero di sviluppo e incidendo negativamente sull’intera filiera turistica regionale. Il calo dei flussi – ha spiegato recentemente la Banca d’Italia – è stato ovviamente più evidente per la Città dei Sassi (-65,3 per cento), ma la contrazione del settore ha colpito l’intera regione determinando nel 2020 una riduzione dei posti letto dell’1,8 per cento.

Il Covid-19 ha congelato anche la filiera culturale e creativa, fiore all’occhiello di Matera e settore che con il comparto turistico ha da sempre un rapporto simbiotico. Per avere una misura del danno è sufficiente dare un’occhiata ai valori dell’industria culturale pre-Covid a livello nazionale. Nel 2019 il sistema produttivo culturale e creativo era in crescita e rappresentava il 5,7% del valore aggiunto italiano: oltre 90 miliardi di euro, cioè l’1% in più dell’anno precedente. Oltre il 44% di questa ricchezza era generato da settori non culturali, manifatturieri e dei servizi, nei quali lavorano oltre 630.000 professionisti.

Ora si deve guardare con speranza al futuro, che non significa nascondere i problemi sotto il tappeto retorico della ripresa. I problemi ci sono e vanno affrontati con misure e risorse appropriate. Perché eventi traumatici come la pandemia globale lasciano un segno profondo e modificano in modo strutturale atteggiamenti e comportamenti di consumo. Inoltre, è prevedibile che la ripresa della mobilità internazionale si distribuirà in maniera diversa rispetto alla fase pre-pandemica e premierà le destinazioni che hanno dimostrato una maggiore reattività.

Secondo il Censis nel breve periodo i flussi turistici internazionali non potranno recuperare il ruolo di traino avuto negli ultimi dieci anni. La ripresa del settore si legherà perciò prevalente al turismo domestico e a corto raggio. Un dato, questo, che è tutt’altro da sottovalutare se è vero che stiamo parlando di un bacino potenziale di oltre 17 milioni di turisti che nel 2019, in ben altra situazione, avevano preferito una località estera per le loro vacanze.

Questo significa la necessità per destinazioni ed operatori di ricalibrare rapidamente l’offerta. Bisognerà passare da un sistema polarizzato su poche realtà e per pochi mesi all’anno ad un sistema di offerta maggiormente diversificato, rendendo accessibili al grande pubblico luoghi ancora sottovalutati perché fuori dai circuiti tradizionali. Tale diversificazione, auspicata ben prima della pandemia e nodo mai seriamente affrontato dalla politica turistica nazionale, non potrà che avvenire privilegiando la qualità dei servizi e degli attrattori creativi e culturali.

Al momento le prime proiezioni sulla stagione estiva 2021 sono incoraggianti, anche se un bilancio reale si potrà fare solo a consuntivo. L’istituto di ricerca Demoskopica stima per l’estate 39 milioni di arrivi (italiani e stranieri) che generano quasi 166 milioni di presenze con un incremento rispettivamente pari all’11,9 per cento e al 16,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2020. Ad incidere positivamente sulla tendenza in crescita dei flussi turistici, anche l’introduzione del pass vaccinale annunciato dal Governo. Il green pass, accolto positivamente da ben 10 milioni di italiani quale azione prioritaria per una vacanza in sicurezza, alimenterebbe la spesa turistica per oltre 1,7 miliardi di euro.

La stessa ricerca ci dice che poco meno di 6 italiani su 10 quest’anno sceglierà il mare, il 12,7 per cento le città d’arte e i borghi, il 9,1 per cento la montagna. Per quanto riguarda la Basilicata si prevede un incremento del 9,9% degli arrivi e dell’11,6% delle presenze, dati che posizionano la nostra regione nelle parti basse della classifica nazionale, segno che la ripresa potrebbe accentuare i divari territoriali anche nel comparto turistico.

Occorre pertanto mettere in campo una rinnovata progettualità che, partendo dalle esperienze e dalle buone pratiche di progettazione partecipata realizzate nel 2019, proietti Matera su un sentiero di rinnovato protagonismo internazionale con una definizione chiara del suo posizionamento strategico, non come semplice destinazione di massa, con la sua insostenibile pressione antropica, ma come luogo riconosciuto della creatività sociale diffusa.

Le risorse stanziate nel PNRR su turismo e cultura 4.0, pari a 6,7 miliardi cui vanno aggiunti altri 1,46 miliardi del fondo complementare, non appaiono sufficienti a sostenere i processi di ammodernamento tecnologico e infrastrutturale della filiera turistico-culturale che per un paese come l’Italia devono essere necessariamente ambiziosi.

Nel recente G20 dei ministri del turismo, che si è tenuto a Roma nello scorso mese di maggio, i governi dei paesi più industrializzati del mondo hanno messo a punto una road map per accompagnare il settore fuori dalla crisi e per una gestione più reattiva in caso di futuri shock globali. Nelle linee guida conclusive del summit i ministri si sono impegnati “a progettare politiche per un settore turistico sostenibile, inclusivo e resiliente e a promuovere la cooperazione internazionale e pubblico-privata”.

Si tratta, insomma, di fare delle scelte politiche nette nella direzione della sostenibilità ambientale e della responsabilità sociale, della digitalizzazione dei servizi, del sostegno alle imprese culturali che producono innovazione e valorizzano il lavoro e il territorio. In tal senso, va rilanciato il tavolo tecnico regionale sul turismo per una reale condivisione delle scelte e delle strategie di sviluppo di un settore che senza una chiara e definita progettualità rischia di produrre una ripresa effimera e di corto respiro.

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