Orari di lavoro tagliati, salari falcidiati, contratti collettivi non rispettati, ribassi stratosferici, scarsa qualità dei servizi, lavoratori licenziati per fare posto ad altri lavoratori etc. È lungo l’elenco delle inadempienze denunciate da tempo dalla Fisascat Cisl negli appalti della sanità lucana. Una terra di nessuno, spesso finita sotto la lente della magistratura, dove a dettare le regole continuano ad essere le aziende, spesso grandi gruppi nazionali con fatturati da capogiro. Così, in un clima già arroventato da decine di vertenze, non poteva che suscitare proteste la delibera n. 1236 con cui l’Azienda ospedaliera San Carlo ha dato semaforo verde al Cns, consorzio che si è aggiudicato la gara del servizio di pulizie e ausiliariato.
In base alla delibera incriminata il Cns dovrebbe subentrare dal 1° dicembre ma con un “cadeau” che non piace a lavoratori e sindacati: ovvero un taglio del monte ore che le organizzazioni sindacali quantificano in circa il 30 per cento. E per lavoratori inquadrati prevalentemente con contratti part time a meno di 18 ore settimanali un taglio del 30 per cento delle ore lavorate significa meno lavoro e buste paga al di sotto della soglia di povertà relativa. Per non parlare degli effetti sulla qualità del servizio in un settore, quello della sanità, che dovrebbe assicurare ai cittadini massime garanzie circa la salubrità degli ambienti.
Problemi si registrano anche sul lotto del servizio di distribuzione dei pasti, attualmente gestito dalla società Serenissima. In una nota inviata, tra gli altri a Prefettura e Regione, la Fisascat denuncia la mancata applicazione del contratto nazionale e l’assunzione unilaterale di nuove unità a fronte della disponibilità manifestata dagli attuali addetti part-time ad un aumento delle ore. Il sindacato, ricordando l’accordo stipulato in Prefettura in occasione del cambio di appalto nel 2017, oltre ad invitare l’azienda a ricalcolare le differenze retributive e contributive, ha sollecitato la convocazione di un incontro.
Per la Fisascat Cisl la situazione caotica in cui versa il settore degli appalti pubblici nella nostra regione nasce dalla testa, ovvero dalle stazioni appaltanti che antepongono le ragioni del risparmio, costi quel che costi, alla qualità dei servizi e ai diritti di chi lavora, col risultato che il criterio dell’offerta economica più vantaggiosa, nato proprio per correggere le distorsioni del massimo ribasso, viene sistematicamente aggirato nella sostanza grazie all’incestuosa alleanza d’interessi tra pubblico e privato. Per la federazione della Cisl occorre invece tornare allo spirito della riforma degli appalti privilegiando gli aspetti qualitativi del servizio appaltato e le sue ricadute sul lavoro e sull’utenza finale rispetto ai fattori economici che dovrebbero rappresentare l’elemento di completamento di un quadro di valutazione complessiva.
Da qui la necessità di arrivare alla sottoscrizione di un codice di condotta che sia vincolante per tutte le stazioni appaltanti nella predisposizione delle gare con l’obiettivo di rendere concretamente esigibile la clausola sociale, prevista sia dai contratti nazionali, sia da una specifica legge regionale. Richiesta che, nonostante le continue sollecitazioni del sindacato fin dallo scorso anno in occasione della gara per il servizio di pulizia degli uffici regionali, è rimasta sostanzialmente inascoltata.