La Cisl Basilicata ha avviato un monitoraggio sul fenomeno del precariato nella pubblica amministrazione lucana. Il sindacato guidato da Enrico Gambardella parla di circa un migliaio di precari impiegati nei vari enti del territorio regionale. Una platea molto variegata per mansione, livello di istruzione, reddito, prospettive di carriera, etc. Si va dai circa 450 Lsu che, spiega il segretario della Cisl, “da almeno 16 anni attendono l’agognata stabilizzazione e la copertura contributiva”, ai 150 precari impiegati dalla Regione Basilicata e dai suoi enti strumentali. Per non parlare dei tanti precari – almeno 150-200 secondo il monitoraggio della Cisl – impiegati negli enti locali e in altri enti del territorio regionale con contratti di collaborazione o a tempo determinato, ai quali vanno sommati le decine di precari che hanno prestato attività presso le ex aziende provinciali di orientamento e formazione. Dal monitoraggio emerge che questi lavoratori hanno sperimentato ogni sorta di contratto flessibile: sono stati e sono lavoratori socialmente utili, cococo, cocopro, tempi determinati, partite Iva, etc., con salari in media ridotti del 30-50% rispetto ai dipendenti di ruolo con analoghe mansioni.
“Stilare una contabilità del lavoro precario in Basilicata – spiega Gambardella – vuol dire fare la biografia di un’intera generazione di giovani che ha trascorso larga parte della propria vita lavorativa barcamenandosi tra un contratto flessibile e un altro, nella vana attesa di una stabilizzazione. Non si tratta solo della perdita del posto fisso – continua il segretario della Cisl lucana – ma della frustrazione che deriva dal tipo di mansioni che devono accettare. Il problema è che questa forma di lavoro non soddisfa i bisogni degli individui, non contribuisce alla realizzazione della loro personalità e, quel che è più grave, impedisce ai soggetti di percepire il lavoro come strumento di coesione sociale e di promozione del benessere materiale e spirituale della società”. Un fenomeno, quello del lavoro precario nella pubblica amministrazione, che per la Cisl è l’effetto delle leggi che hanno esteso il contratto temporaneo a tutti i settori lavorativi, compresa la pubblica amministrazione, del blocco del turn-over nel settore pubblico e anche delle scelte delle autonomie locali. Risultato? “Si è determinata l’impossibilità – sottolinea Gambardella – di prevedere una normale programmazione del fabbisogno e ciò ha aguzzato l’ingegno degli amministratori pubblici locali nel ricorrere a varie forme di contratti che, attivati con short e long-list, con avvisi più o meno pubblici e selezioni per titoli e colloqui, spesso a porte chiuse, e raramente o quasi mai con veri percorsi selettivi e concorsuali, sono stati prorogati e rinnovati per 10 o 15 anni”.
Secondo Gambardella “la classe politica lucana non ha mai considerato il precariato una priorità della propria agenda di lavoro, se non per utilizzarne le diverse forme al fine di creare una schiera di persone asservite al consenso politico. Un sistema che oggi, in ragione delle più stringenti norme per il contenimento della spesa pubblica, del processo di riforma della pubblica amministrazione e della pressione morale e sindacale, non regge più. E lo dimostra la discussione che si è aperta a livello nazionale sulla necessità di rafforzare gli organici della pubblica amministrazione con lo sblocco delle assunzioni. Invece – osserva il segretario della Cisl – nella nostra regione si continua imperterriti con la logica delle long-list o si ricorre alle esternalizzazioni, come nel caso dell’assistenza tecnica sui fondi comunitari, con il risultato di regalare a un soggetto privato un inestimabile bagaglio di competenze ed esperienza che servirebbe alla modernizzazione della pubblica amministrazione regionale”.
“Il decreto Madia ha aperto una finestra, ma a conti fatti – precisa Gambardella – sono pochi quelli che potranno beneficiare di questa opportunità per responsabilità che vanno attribuite ai datori di lavoro pubblici. Per gran parte dei precari lucani che lavorano nel comparto pubblico, una volta definiti i fabbisogni, andranno comunque fatte le selezioni e formate le graduatorie in ogni ente, a partire dalla Regione. Ecco perché serve una strategia regionale che stabilisca un modello di gestione comune che sia vincolante per tutte le amministrazioni pubbliche lucane, dalla Regione Basilicata, agli enti locali, agli enti strumentali, con l’obiettivo – conclude il segretario della Cisl – di dare stabilità a chi oggi vive di contratti flessibili e allo s stesso aumentare la qualità e l’efficienza della pubblica amministrazione”.