«Mentre anche nel primo trimestre 2024 gli utili delle principali banche italiane volano ad oltre 6 miliardi di euro complessivi, la Basilicata continua ad essere sempre più penalizzata dalle scelte di politica industriale di queste ultime». È quanto denunciano il segretario generale della Cisl Basilicata Vincenzo Cavallo e il segretario generale della First Cisl Basilicata Arnaldo Villamaina. «Dopo l’incessante chiusura di sportelli bancari comune alla maggior parte delle banche, dopo l’addio all’ultimo centro direzionale di BPER in Basilicata, ora sono le poche filiali rimaste in regione a finire sotto la scure di quello che appare come un infinito ridimensionamento programmato. Infatti, la direzione agribusiness del gruppo Intesa SanPaolo, dipartimento bancario specializzato nell’erogazione di servizi al credito al settore agro-alimentare, ha deciso di aprire a Venosa un punto operativo presso la già esistente filiale, chiamato ad agire come distaccamento della filiale agribusiness di Cerignola, con l’evidente obiettivo – fanno notare Cavallo e Villamaina – non di dotare il territorio di una nuova opportunità, ma di traghettare verso la filiale extra regionale in Puglia il portafoglio delle attività bancarie e creditizie relative alle attività imprenditoriali del comparto agro-alimentare del Vulture-Melfese e dell’intero Potentino, con buona pace per i rapporti di prossimità. Si pensi alle difficoltà che incontrerà il vasto settore vitivinicolo della zona, cliente di Intesa Sanapolo, che sarà burocraticamente costretto a recarsi fuori regione per l’accesso al credito».
«Nello stesso tempo – proseguono i due sindacalisti della Cisl – nel versante Sud della regione, la direzione agribusiness, pur confermando ancora la sua filiale presente nella città di Matera, le sottrae l’importante area di competenza di Altamura, dove viene infatti costituita ad hoc una nuova filiale di agribusiness, creando così le premesse per una possibile futura chiusura dell’unica filiale dedicata alle imprese agroalimentari in Basilicata o al meglio, per un suo declassamento ad agenzia distaccata sotto la competenza della nuova filiale di Altamura, verosimile con il disegno già realizzato per il distaccamento di Venosa. Appare pertanto beffardo l’accordo siglato il 13 maggio scorso tra il ministero dell’Agricoltura, la Cassa Depositi e Prestiti e Intesa Sanpaolo, che destina un plafond di 20 miliardi di euro per promuovere politiche creditizie e sinergie destinate allo sviluppo del settore agricolo e agroalimentare con il supporto delle misure e dei finanziamenti previsti dal PNRR. L’obiettivo prioritario dell’accordo sarebbe quello di individuare programmi di investimento per la valorizzazione e lo sviluppo delle filiere produttive italiane».
Secondo Cavallo e Villamaina «si potrà notare una certa incoerenza tra le scelte industriali agite in Basilicata da Intesa Sanpaolo e quanto sottoscritto nell’accordo citato. Si può dedurre che le numerose opportunità di sviluppo del settore agroalimentare lucano legate agli ingenti finanziamenti del PNRR per il tramite di questo accordo, di cui Cassa Depositi e Prestiti e il MASAF sono parte integrante, saranno penalizzate non poco non solo dalla mancanza di centri bancari direzionali, ma anche dal venir meno di filiali di riferimento del territorio specializzate nel credito all’industria agroalimentare».
La Cisl si appella alla classe politica e alla società civile regionale per invertire la rotta delle desertificazione bancaria: «La Basilicata – osservano Cavallo e Villamaina – si sta velocemente spopolando e questo potrebbe essere per la classe politica lucana uno degli ultimi treni da non poter perdere per provare recuperare terreno. È urgente mettere in moto tutte le associazioni di rappresentanza della società civile sul tema prioritario dell’attività di accesso al credito in regione. Nelle cronache il termine desertificazione è oramai all’ordine del giorno per descrivere un fenomeno che coinvolge gran parte degli asset sociali, culturali ed economici della nostra regione. Si parla con dati scientifici di desertificazione delle aree interne che costituiscono più dell’80% del territorio regionale, intendendo con questo termine la rarefazione dei servizi primari alla collettività e con essi il proliferare dell’emigrazione sanitaria, lavorativa e studentesca; tutti inneschi dell’ancor più grave fenomeno dello spopolamento demografico che ha raggiunto aspetti patologici se non già cronici».
«Il fenomeno generale della desertificazione sociale, se pur correttamente denunciato, crea dall’esterno l’immagine distorta di un territorio arido, povero di risorse e geograficamente isolato, in palese contraddizione con la realtà di un territorio invece ricco di risorse naturali, con una bellezza paesaggistica di indubbio valore, con sbocchi su due diversi mari e geograficamente strategico perché centrale al Sud Italia. Per quanto riguarda l’aspetto demografico, Il numero degli abitanti della Basilicata, pari al massimo alla somma di due quartieri di Roma, unito alla sua importante estensione geografica, farebbe quindi pensare ad un alto reddito pro-capite, anche in relazione alle importanti attività estrattive e all’ancor più prezioso bene acqua di cui la regione dispone. Tuttavia, accade che si parli sempre più spesso di desertificazione in numerosi contesti. In sintesi accade che si disinveste in termini di servizi in un territorio che ha enormi potenzialità di crescita e si continua invece, con la disintermediazione, aD investire sul suo fallimento», concludono Cavallo e Villamaina.