L’intervista. Gambardella a tutto campo

Quali sono le priorità della Basilicata?

“Può apparire un gioco di parole, ma oggi la priorità per la nostra regione è proprio quella di darsi un futuro, di saper immaginare la Basilicata tra vent’anni. La priorità è uscire dall’emergenza del presente per impostare le linee strategiche di un piano di sviluppo che deve necessariamente guardare ai protagonisti del futuro, cioè ai giovani. Oggi i veri portatori di interesse della politica e anche del sindacato sono le generazioni che tra 5-10 anni avranno la responsabilità di guidare la nostra società. Il tema è: cosa lasciamo in eredità a questi giovani?”.

A proposito del futuro, mentre si parla del dopo-Covid forse è passata in secondo piano la questione del dopo-petrolio. Qual è la posizione in materia del sindacato da lei guidato?

“La Cisl si è distinta in questi anni per aver tenuto una posizione coerente e lineare sul tema del petrolio: è una risorsa importante per lo sviluppo del territorio se genera occupazione e se vengono rispettate certe condizioni, in primis un equilibrio avanzato tra esigenze della produzione e del lavoro e tutela dell’ecosistema. La storia degli ultimi vent’anni dimostra che, a fronte degli entusiasmi iniziali, il petrolio ha disatteso in parte le aspettative, più per volontà delle compagnie che hanno cercato di trapiantare nella nostra regione una cultura d’impresa poco incline alla responsabilità sociale. Se oggi esiste un clima generalizzato di ostilità nei confronti delle compagnie petrolifere è perché Eni e Total non hanno saputo costruire un rapporto improntato alla fiducia con le comunità locali”.

L’invito al dialogo è stato più volte rinnovato da Cgil, Cisl e Uil al presidente Bardi: anche alla luce dell’unità da cercare in questa fase cruciale, a che punto è la concertazione?

“Debbo dire che Bardi prosegue una poco illustre tradizione della politica regionale, e non solo, che ha sempre visto la concertazione come un impaccio ai propri meccanismi decisionali. Anche la giunta Bardi si è presentata col tipico atteggiamento di chi, dopo aver vinto le elezioni, ritiene di poter governare senza dare ascolto ai corpi sociali intermedi. Ora, la storia dimostra che col passare del tempo alla spavalderia iniziale subentra l’incapacità di gestire problemi complessi. La pandemia ha solo accelerato questo processo di presa di coscienza della necessità di un dialogo non occasionale con le forze sociali”.  

L’emergenza sanitaria ha riaperto le ferite mai rimarginate dell’isolamento di alcuni territori, che stanno pagando lo scotto di un graduale e costante depotenziamento del sistema sanitario: come uscirne?

“È semplice: riavvolgendo il nastro degli ultimi vent’anni di politiche di spoliazione della sanità regionale. Ci sono decine di documenti e comunicati dei sindacati confederali lucani che mettevano in guardia i governi regionali di turno dal progressivo impoverimento della medicina territoriale e dalla tendenza a centralizzare in pochi presidi ospedalieri l’offerta di salute a fronte di una domanda polverizzata sul territorio. La pandemia ha messo a nudo i limiti di questa vera e propria ideologia sanitaria: nel momento in cui sarebbe dovuta essere massima la disponibilità di presidi territoriali per fronteggiare il Covid-19, ci siamo ritrovati con un sistema che ha centralizzato l’emergenza mandando in tilt il sistema. Investire sulla medicina del territorio significa ripensare completamente il paradigma della sanità lucana riavvicinando l’offerta alla domanda di salute e calibrandola alle esigenza di una società sempre più anziana”.

Lo spopolamento e la povertà sono altri due temi da affrontare con urgenza: quali sono le sue proposte per fronteggiare questi due fenomeni?

“Ci sono tre grandi emergenze sociali che mettono a repentaglio l’esistenza stessa della Basilicata: lo spopolamento che impoverisce le aree interne; l’invecchiamento della popolazione che mette sotto stress il sistema socio-assistenziale; l’emigrazione giovanile che sottrae capitale umano qualificato allo sviluppo. Sono questioni che vanno affrontate insieme coinvolgendo le forze vive della società lucana e rinunciando alla pretesa dell’autosufficienza della politica. Paradossalmente la pandemia ha aperto una finestra di opportunità per le aree interne grazie al fenomeno del south working, per questo vanno intensificati e soprattutto accelerati gli investimenti in corso sulla banda ultra larga. Il recovery fund è una straordinaria opportunità per dotare la nostra regione di infrastrutture e servizi digitali da paese avanzato”. 

Che giudizio dà dell’operato della prima giunta di centrodestra lucana, anche al netto del delicato anno che sta per chiudersi?

“Non possiamo fare la tara della pandemia perché la qualità di una classe politica si misura anche dalla capacità di gestire l’imponderabile. E qui i limiti della giunta regionale sono stati evidenti dentro una crisi generalizzata della politica. Quanto al resto, finora è mancata quella visione strategica che avrebbe dovuto sorreggere l’azione politica di chi si è candidato promettendo il cambiamento, la rivoluzione. Nel modo di gestire il potere e di concepire il rapporto con la società vedo anzi un continuismo di sostanza che, ovviamente, alla fine produce una sostanziale conservazione dello status quo”. 

L’intervista è stata pubblicata sul Quotidiano del Sud del 4 dicembre.

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