Apprendere che nel 2019 quattromila giovani laureati lucani sono andati via dalla nostra regione non deve indurci ad un rassegnato fatalismo: dobbiamo avviare una pacata riflessione sul contesto e sulle possibili soluzioni. Il mondo del lavoro è stato profondamente colpito dalla pandemia globale e dal dissesto economico e sociale che minacciano i mezzi di sussistenza e il benessere di milioni di persone. Le stime indicano un grave impatto su economia e lavoro, con i giovani che risultano tra i gruppi più colpiti in varie modalità: interruzione dell’istruzione, della formazione e dell’apprendimento basato sul lavoro; maggiori difficoltà per coloro che sono in cerca di lavoro e per i nuovi ingressi nel mercato del lavoro; perdita di posti di lavoro e di reddito, insieme al deterioramento della qualità dell’occupazione.
Già prima della pandemia i giovani dovevano far fronte a una situazione difficile. A livello globale, l’International Labour Organization rileva che per i giovani di età compresa tra 15 e 24 anni la probabilità di essere disoccupati rispetto agli adulti di età pari o superiore a 25 anni è circa tre volte maggiore. Infatti, più di tre su quattro avevano un lavoro informale prima dell’inizio della crisi rispetto al 60% degli adulti. La percentuale di Neet rivela una sottoutilizzazione più consistente del lavoro giovanile: i giovani occupati sono concentrati in lavori precari che li rendono vulnerabili dal punto di vista reddituale e sono stati coloro che per primi hanno perso il lavoro durante l’attuale crisi. I giovani lavoratori informali non hanno accesso alla protezione sociale o ad altri benefici legati all’occupazione.
A livello europeo Francia, Regno Unito, Germania e Spagna, hanno messo in campo piani nazionali aventi un target specifico: i giovani. Tutti interventi che, tra i vari aspetti prioritari, puntano a concedere nel breve termine incentivi per assunzioni, anche in apprendistato; a rafforzare i percorsi di apprendistato e formativi, nonché i servizi di orientamento e counseling intensivo personalizzato. Sono programmi avviati in piena pandemia. Sono forse governi folli? Oppure, rendendosi conto che era necessario investire prioritariamente sul futuro rappresentato dalle nuove leve, hanno messo in campo tutti gli strumenti possibili per offrire loro tutte le opportunità realizzabili senza tentennamenti? Avranno intuito che la pandemia da Covid-19 sta creando una crisi multidimensionale per i giovani a livello mondiale che minaccia anche di esacerbare le disuguaglianze esistenti all’interno e tra i Paesi?
In Italia con alterne fortune il programma Garanzia Giovani nel nostro Paese ha cercato di migliorare l’occupabilità dei Neet, i giovani under 30 che non sono impegnati in attività di studio o lavoro. Mentre nelle regioni limitrofe le azioni messe in campo stanno accompagnando verso opportunità lavorative migliaia di giovani, in Basilicata si registra una situazione diversa: da quasi due anni si è deliberata l’approvazione della seconda fase di Garanzia Giovani che prevede risorse per 12 milioni di euro, ma ancora oggi la Regione Basilicata non ha messo in campo alcuna azione attuativa. Il problema era presente prima del Covid, la pandemia ne ha solo acuito la gravità. È fondamentale farsi trovare pronti nella ripartenza dell’economia con tutti gli strumenti possibili, che consentano il coinvolgimento delle più ampie fasce sociali e produttive.
Gennarino Macchia
Segretario generale aggiunto della Cisl Basilicata