Ancora una volta la storia ha dato torto alle scelte che la Regione Basilicata ha voluto in tema di lavoro precario. Il piano Madia per la stabilizzazione del precariato nella pubblica amministrazione avrà effetti molto limitati nella nostra regione che storicamente e stoltamente ha privilegiato rapporti ultra-precari come Cococo e Cocopro al lavoro dipendente a tempo determinato per non dover sottostare alle regole di trasparenza delle selezioni pubbliche e per poter meglio gestire nomine con la massima discrezionalità. I diversi governi regionali che si sono succeduti nel corso degli anni, “validamente” supportati da un apparato amministrativo incapace di una visione di prospettiva e di crescita della qualità dell’azione amministrativa pubblica, si sono assunti la responsabilità storica di aver creato una generazione di precari, quasi tutti laureali e qualificati, ma privati della possibilità di poter aspirare ad una giusta e stabile occupazione nell’ente che per anni, in alcuni casi ben 15 anni, ha bloccato le aspettative di una generazione beneficiando di un lavoro qualificato a bassissimo costo, nella speranza, sempre rinviata, di una stabilizzazione.
In questa pessima pratica la Regione Basilicata ha fatto scuola e sul suo esempio altri enti pubblici, quasi la totalità fra Comuni e Province, hanno attivato forme di ultra-precariato, dimostrandosi sordi ai richiami della Cisl e del sindacato più in generale. Una responsabilità politica ma anche morale che oggi ricade sulle spalle di una classe dirigente che per leggerezza, approssimazione o per perseguire percorsi clientelari ha condannato alla precarietà una generazione di lavoratori lucani – molti dei quali non più giovanissimi – che dopo aver consumato la parte migliore della propria vita lavorativa barcamenandosi tra un contratto di collaborazione e un altro, non potrà godere di alcun automatismo che ne valorizzi il prezioso lavoro fino ad oggi svolto al servizio della comunità.
È lecito allora domandarsi attraverso quali procedure le Province, enti in cerca di uno scopo, i Comuni, eternamente in affanno tra le diverse forme di precariato che accolgono, e la Regione, che ha impiegato il precariato più qualificato e competente, potranno mai rispondere alle misure del ministro Madia se nella migliore delle ipotesi queste stesse misure potranno garantire la stabilizzazione a meno della metà di questi Cocopro che hanno speso la gioventù per perseguire il vano sogno della stabilizzazione.
L’esame delle possibilità offerte dalle misure ministeriali evidenzierà a breve l’approssimazione e la scarsa lungimiranza di certe scelte fatte in passato dalla classe dirigente regionale, scelte per le quali saranno ben pochi i precari che potranno assicurarsi l’agognata stabilizzazione – si spera non i figli dei soliti noti – anche perché nella stessa Regione non esiste un censimento del personale assunto con contratti precari, con le rispettive qualifiche e competenze, le attività e i compiti svolti, nonostante le ripetute e inevase richieste fatte dal sindacato.
Noi della Cisl riteniamo che si debba intervenire per rimediare ad una scelta sciagurata che rischia di penalizzare solo i lavoratori lucani. È necessario pertanto convocare subito un tavolo regionale di confronto che evidenzi al ministro Madia la peculiarità del precariato pubblico lucano, fatto esclusivamente di contratti di collaborazione, per superare i vincoli posti dal decreto in tema di riserve di posti e tipologia di selezione.
Enrico Gambardella