Più contrattazione sociale per il welfare del futuro

La situazione sociale del paese impone una seria riflessione su quali azioni mettere in campo e quali risorse mobilitare per disegnare un nuovo paradigma di welfare in risposta alla crisi fiscale dello Stato nazionale e al conseguente restringimento del perimetro delle politiche pubbliche di protezione sociale. La Cisl ha scelto di rispondere a questa sfida non soltanto in termini difensivi, ma avviando processi di innovazione e ripensamento del sistema welfare in una logica di partecipazione valorizzando la contrattazione sociale di prossimità come luogo negoziale in grado di elaborare risposte innovative e condivise ai bisogni dei cittadini. È pertanto opportuna la scelta della Regione Basilicata di tenere domani a Matera un confronto sui sistemi di welfare delle regioni italiane. La sfida a parere della Cisl è duplice: da un lato, occorre riorganizzare l’offerta dei servizi in funzione dei nuovi bisogni sociali, si pensi al tema dell’invecchiamento o a quello della disoccupazione tecnologica; dall’altro, è necessario mobilitare risorse economiche, simboliche e relazionali aggiuntive, prendendo anche spunto dalle esperienze sempre più diffuse di “secondo welfare” in molte aziende italiane.

Nel corso della tavola rotonda sul tema “Welfare, le Regioni a confronto” presenteremo i risultati dell’ultimo rapporto del nostro Osservatorio sociale della contrattazione territoriale promosso dalla Cisl nazioanle dal quale emerge il profilo di un welfare sempre più plurale, sussidiario e territoriale. Se il nuovo welfare mix spinge sulla sussidiarietà orizzontale e promuove una nuova articolazione dei servizi, è utile allora interrogarsi sul ruolo che i corpi sociali intermedi, e tra questi il sindacato, possono e devono svolgere in questo rinnovato scenario. La crisi del welfare state tradizionale lascia infatti spazio ad un nuovo e articolato protagonismo di una pluralità di soggetti, sia istituzionali che sociali: questi soggetti sono chiamati a concorrere alla costruzione del welfare locale, non solo sotto il profilo della gestione e della erogazione dei servizi, ma anche della loro progettazione, della programmazione e del finanziamento.

A nostro avviso la contrattazione sociale di prossimità è la risposta metodologica più appropriata alla crescente esigenza dei sistemi di welfare locali di integrare risorse e risposte pubbliche e private, promuovere forme di mediazione dei bisogni e ri-socializzazione di rischi sociali – in un contesto che al contrario spinge verso la frammentazione e l’individualizzazione -, di contribuire alla costruzione di reti di cooperazione con gli attori chiamati a promuovere il benessere sociale: Regioni, Comuni, sindacati, terzo settore, ecc.

Non si parte da zero, come evidenzia il rapporto dell’Osservatorio, dal quale emergere un quadro frastagliato sul piano territoriale – con le regioni del Nord molto più avanti di quelle del Sud – ma comunque incoraggiante sul piano del consolidamento della prassi contrattuale. Il rapporto evidenzia che tra il 2011 e il 2016 sono stati siglati nel nostro paese oltre 5 mila accordi sociali territoriali, focalizzati in particolare sui gruppi di popolazione e sulle aree di rischio sociale meno coperte dal sistema nazionale di protezione sociale. Sembra prevalere l’attività negoziale orientata al soddisfacimento dei bisogni di target specifici quali la famiglia, gli anziani, sopratutto se non autosufficienti, i disabili, gli adulti in difficoltà, mediante interventi di politica socio-assistenziale nelle aree: povertà e inclusione sociale ed economica, servizi socio-educativi, supporto alla genitorialità, istruzione e abitazione.

Dalle esperienze analizzate emerge una filosofia di fondo nei processi di contrattazione sociale: le spese per il welfare vanno considerate non come costo ma come investimento capace di prevenire la formazione delle disuguaglianze, favorire l’inclusione lavorativa e sociale accompagnando e supportando le persone nei passaggi cruciali dei loro corsi di vita, secondo un approccio che, superando la tradizionale impostazione risarcitoria del welfare, promuove un’azione preventiva e capacitante. La finalità è quella di rafforzare le capacità individuali di risposta ai bisogni e di emancipazione dalle situazioni di difficoltà. In tal senso il welfare e nello specifico le politiche sociali si qualificano come leva di competitività e produttività, motore dello sviluppo e modello di sviluppo che rafforza il legame tra economia e società. Di qui la necessità, più volte ribadita dalla Cisl, di aprire una fase costituente del sociale con l’obiettivo di portare a sistema le esperienze già in corso di contrattazione sociale di prossimità per farne il paradigma del welfare del futuro.

Enrico Gambardella

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