Anche la Basilicata si appresta a salire sul treno della Youth Guarantee, il programma comunitario varato dal Consiglio dell’Unione Europea il 22 aprile 2013 che dovrebbe assicurare ai giovani disoccupati e inoccupati un’opportunità di lavoro o di formazione entro un periodo di quattro mesi dall’inizio dello status di disoccupazione o dall’uscita dal sistema d’istruzione formale. Domani in Regione, alle 14:30, si terrà un incontro proprio sulla Youth Guarantee con una delegazione di Cgil Cisl Uil; incontro che fa seguito al tavolo preparatorio che si è tenuto, sempre in Regione, venerdì scorso . “Nel corso di questo primo tavolo di confronto – spiega Enrico Gambardella, segretario della Cisl Basilicata, – le parti sociali hanno evidenziato tutte le criticità relative all’impianto che dovrebbe garantire la buona riuscita del programma Garanzia per i Giovani. Per il sindacato lucano questo programma dovrà rappresentare una vera e propria rivoluzione delle azioni attuate finora con i fondi comunitari per sostenere l’occupazione giovanile”.
“A nostro avviso le politiche attive realizzate nel periodo 2009-2013, più che collocare i beneficiari delle misure di politica attiva del lavoro, si sono rivelate un ricco banchetto per il sistema regionale della formazione professionale privata, determinando in pratica un ampio parcheggio in attività di accompagnamento al lavoro che hanno avuto scarsi riscontri in termini occupazionali nonostante le ingenti risorse spese. Il programma Youth Guarantee fa proprio le sperimentazioni avviate da qualche anno in Svezia, Finlandia, Austria e Olanda dove sono state lanciate pratiche divenute best practice di coordinamento tra sistemi educativi e servizi per l’impiego, storicamente il primo canale di accesso al mercato del lavoro per i giovani ed elemento centrale e strategico per la buona riuscita del programma comunitario, al contrario di quanto è avvenuto e avviene in Italia e in particolare nel Mezzogiorno e ancora più in Basilicata, dove la rete dei centri per l’impiego ha funzionato poco e male, intermediando una quota insignificante dell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro”.
“Ma nel nostro paese non si parte dall’anno zero. In alcune realtà, come il Veneto e la Toscana, è stato varato un piano integrato per l’occupazione giovanile che si ispira esplicitamente ai modelli del Nord Europa e che sostiene i giovani non solo nella fase di transizione scuola-lavoro ma anche in quella verso l’età adulta. Buone prassi a cui anche la Basilicata dovrà ispirarsi giacchè la Youth Guarantee richiede di definire i servizi minimi da erogare e quelli opzionali rendendo operativo il sistema continuo di monitoraggio dei centri per l’impiego, una buona occasione per ridare necessaria vitalità anche all’Osservatorio regionale del lavoro, rimasto sostanzialmente sulla carta e soprattutto isolato da quel concetto di rete che essere il vero cuore del monitoraggio e valutazione dell’efficacia degli interventi di politiche attive del lavoro. Non si tratta di una novità perché già nella riforma Fornero del 2012 venivano indicati i livelli essenziali di prestazione (Lep) cui ciascun centro per l’impiego si sarebbe dovuto attenere per la definizione di un sistema omogeneo di servizi sull’intero territorio nazionale”.
“Di tutto ciò in Basilicata non si ha notizia, anche in ragione dell’assenza di un adeguato, trasparente e obiettivo monitoraggio e di un piano regionale di funzionamento degli stessi. In altri termini, siamo fermi alle autodichiarazioni dei responsabili dei Cpi senza che siano stati definiti dei Lep oggettivi e verificabili nell’ambito di un impianto organizzativo di sistema. La realtà lucana dei Cpi parte da un sottodimensionamento degli organici, peraltro riscontrabile in tutta Italia, e da una scarsità di risorse complessive, basti pensare che in Italia si spende mezzo miliardo all’anno in queste attività contro i cinque miliardi di Francia, Germania e Regno Unito. Si spiega così un sistema che oggi intermedia meno del 3 per cento di chi cerca lavoro. Il primo obiettivo per utilizzare utilmente le risorse messe a disposizione da Youth Guarantee – che in Basilicata ammontano a oltre 24 milioni di euro – è quello di intervenire sull’efficienza dei Cpi attraverso una ridefinizione dei Lep, una riqualificazione del personale e un suo infoltimento (la riforma delle Province potrebbe paradossalmente venire in aiuto)”.
“Ciò però non basta. La Youth Guarantee basa gran parte del suo approccio sul portale Cliclavoro, la piattaforma web nazionale che avrebbe dovuto facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Eppure, nonostante i tanti milioni di euro spesi per la sua realizzazione e gestione, il portale è risultato finora di scarsa utilità perché poco conosciuta e il suo impiego promosso solo all’interno dei Cpi, notoriamente poco frequentati. Per questi motivi riteniamo che, nell’ambito della programmazione 2014-2020, la Regione Basilicata, dovrà svolgere un ruolo di coordinamento per affrontare il tema dell’integrazione e della omogenizzazione di tutte le azioni già promosse sul territorio, non solo con il Po Fse, in un’unica strategia di politica attiva del lavoro”.
“L’ultimo punto riguarda l’accreditamento dei soggetti privati dove la Basilicata non rappresenta un’eccezione nel quadro estremamente variopinto del paese, sarebbe opportuno definire un quadro normativo regionale che superi l’estemporaneità delle determine dirigenziali e che ridefinisca l’intero settore della formazione professionale e dell’orientamento, contemplando anche quanto di buono potrebbero fare i soggetti sociali quali gli enti bilaterali, finora esclusi. In tal senso, si ravvisa l’urgenza di mettere mano ad una profonda riforma della legge regionale n. 33 del 203 che dopo un decennio di applicazione ha evidenziato tutti i suoi limiti, anche in ragione del mutato scenario del mercato del lavoro. In conclusione, pur ritenendo che il programma Youth Guarantee, in ragione delle criticità sopra esposte, non debba alimentare aspettative messianiche, esso rappresenta in ogni caso un’opportunità per avviare anche nella nostra regione una riforma radicale della politica attiva del lavoro, a partire dall’ammodernamento dell’architettura dei centri per l’impiego, anello fondamentale del programma e prima interfaccia per assicurare il necessario incontro tra domanda e offerta di lavoro”.